In attesa della Relazione annuale, che metterà a disposizione informazioni più consolidate, il primo numero del 2024 del periodico “Dati Inail”, curato dalla Consulenza statistico-attuariale dell’Istituto analizza i numeri provvisori rilevati alla data dello scorso 31 dicembre.

Nel 2023 le denunce di infortunio presentate all’Inail sono state 586mila, in calo del 16,1% rispetto alle 698mila del 2022. Questo decremento è dovuto quasi esclusivamente al minor peso dei casi da Covid-19, passati da circa 111mila nel 2022 a meno di seimila l’anno successivo.

Il calo del 16,1% delle denunce di infortunio è la sintesi del -19,2% dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati dai 607mila del 2022 ai 491mila del 2023, e del +4,7% di quelli occorsi in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, da 90mila a 94mila. In ottica di genere il calo degli infortuni denunciati è l’effetto di una riduzione del 27,6% per le lavoratrici, dai 286mila casi del 2022 ai 207mila casi del 2023, rispetto al -8,1% dei lavoratori, da 411mila a 378mila.

L’analisi territoriale evidenzia una diminuzione delle denunce di infortunio in tutte le aree del Paese: più consistente al Sud (-20,6%) e nel Nord-ovest (-19,6%), seguiti da Isole (-18,6%), Centro (-15,9%) e Nord-est (-9,9%), con i maggiori decrementi percentuali in Campania (-35,6%), Liguria (-31,5%), Molise (-26,8%) e Lazio (-24,7%).

Dai dati sopra citati sembrerebbe quindi il 2023 un anno positivo essendo stato caratterizzato da un decremento generale degli infortuni sul lavoro in tutte le categorie sopra citate sia per tipologia di infortunio, che per genere e per territorialità.

Risulta però molto preoccupante, se pur leggermente in calo, il dato dei casi mortali.

I dati provvisori del 2023 mostrano una diminuzione del 4,5% rispetto all’anno precedente, da 1.090 a 1.041. A diminuire sono solo i decessi avvenuti in itinere, dai 300 del 2022 ai 242 del 2023, mentre quelli in occasione di lavoro sono stati nove in più, da 790 a 799. Il 91,7% dei casi mortali riguarda gli uomini, con un calo dell’1,5% rispetto al 2022, e quasi la metà dei decessi rientra nella fascia tra i 50 e i 64 anni.

Gli infortuni mortali “plurimi”, in cui hanno perso la vita due o più lavoratori, nel 2023 sono stati 15 per un totale di 36 vittime, 22 delle quali con mezzo di trasporto coinvolto. Tra i più noti, quello avvenuto nell’agosto 2023 a Brandizzo (Torino), dove cinque addetti alla manutenzione dei binari della ferrovia sono stati travolti da un treno, la deflagrazione in una fabbrica di fuochi di artificio che a settembre ha fatto tre vittime in Abruzzo, l’analogo incidente di luglio in provincia di Rieti, dove hanno perso la vita padre, madre e figlio, e in novembre lo scontro frontale vicino a Urbino tra un pullman e un’ambulanza, con il decesso dei tre operatori sanitari (e del paziente) che viaggiavano a bordo di quest’ultima. Nel 2022 erano stati denunciati 19 incidenti plurimi per un totale di 46 decessi, di cui 44 stradali.

Quindi dal punto di vista delle morti sul lavoro il dato, se pur in calo, resta comunque alto perché anche nel 2023 è stata superata la soglia dei mille casi mortali.

Il 2024 non è partito bene. Sempre INAIL, nella sezione “Open data” del proprio sito web, dice che le denunce di infortunio nel mese di gennaio 2024 sono state oltre 42mila in aumento del 6,8% rispetto alle oltre 39mila del gennaio 2023. I casi mortali nel mese di gennaio 2024 sono stati invece 45, in aumento rispetto a gennaio 2023 in cui furono 43.

Abbiamo ancora impresse nella mente le terribili immagini dell’incidente nel cantiere di Firenze in cui a Febbraio ci furono 5 vittime nello stesso giorno, cosi come ricordiamo l’operaio morto pochi giorni dopo nello stabilimento Stellantis di Pratola Serra, possiamo citare l’operaio caduto da un ponteggio in un cantiere a Olbia a fine febbraio, o l’operaio investito e ucciso sull’autostrada A7 durante il proprio turno di lavoro lo scorso 25 Febbraio. E si potrebbe, purtroppo, continuare citandone tanti e tanti altri che quotidianamente, alla media di 4 al giorno, muoiono nei posti di lavori. Le chiamano “morti bianche”, ed il termine bianche allude all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’incidente.

Ma quando capita un incidente sul lavoro, che sia un infortunio o un caso mortale, non è quasi mai fatalità ma è spesso responsabilità di qualcosa che nella catena di ingranaggio è mancata. E la responsabilità delle volte è anche plurima, a volte può essere del datore di lavoro, a volte del lavoratore, a volte dell’ambiente di lavoro e delle condizioni di lavoro che sono comunque collegate ai fattori precedenti, alla carenza di controlli intesa non come mancanza ma come carenza di organico capace di effettuare controlli capillari data la elevata mole di attività produttive presenti nel territorio nazionale: il piano assunzioni dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che dal 2017 riunisce le attività svolte dal Ministero, INPS e INAIL, parla di circa 7.800 ispettori mentre ad oggi gli assunti sono poco più di 5mila.

E cosa può fare la politica? Sicuramente la politica, e i partiti, devono prendersi carico di questa che è diventata ormai una piaga sociale e un fenomeno da affrontare. Occorre sicuramente aumentare i controlli colmando il buco di ispettori sopra citato, ma anche premiare quelle aziende attente alla sicurezza e penalizzare, per esempio con l’introduzione di una “patente a punti”, quelle attività in cui invece si verificano tanti e troppi infortuni. Occorre incrementare le risorse per incentivare le aziende a rinnovare le proprie attrezzature, in alcuni casi vetuste e prive di basilari dispositivi di sicurezza. Investire nella formazione, non solo dei datori di lavoro e dei lavoratori, ma anche dei formatori stessi spesso improvvisati o poco attinenti alla materia da formare.

In sintesi, il tema della Sicurezza nei luoghi di lavoro è un tema ampio e complesso che andrebbe affrontato su più fronti. Ma intanto parlarne, sensibilizzare, rendersi contro del problema e della portata del fenomeno, prendere atto che un lavoratore oltre che un salario dignitoso e un contratto di lavoro che lo tuteli ha anche il diritto di lavorare in un ambiente sano e sicuro che gli garantisca il rientro a casa dopo una giornata lavorativa, è un ottimo punto di partenza.

L'autore

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Pasquale Rizzo

Ingegnere, esperto di sicurezza sul lavoro. Vive a Bologna.