Q

uelle che seguono sono alcune vicende storiche che si sono svolte negli ultimi centocinquant’anni e nell’arco di settantacinque anni: l’inizio del colonialismo da parte delle potenze europee, lo sfruttamento dell’Africa e di altri paesi extra-europei e l’inizio della decolonizzazione; lo scoppio di due guerre mondiali, lo stabilimento della pace all’indomani di ciascuna, la ripresa e la ricostruzione economica dell’Europa e un lungo periodo di stabilità e benessere nel nostro continente; l’avvento e la successiva fine di regimi nazi-fascisti in Europa; una grande rivoluzione nel paese più grande del mondo, l’abbattimento di un’antica monarchia, la creazione di un potente impero comunista, la sua successiva caduta; la fondazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, seguita dalla Comunità Economica Europea e poi dall’attuale Unione Europea; la rivoluzione comunista in un grande paese asiatico e la successiva ascesa di quest’ultimo ai livelli di potenza mondiale; il regno di Elisabetta II d’Inghilterra, uno dei più lunghi della Storia.

Nello stesso arco di settantacinque anni, dal 1948 al 2023, non si è trovata alcuna soluzione al conflitto tra israeliani e palestinesi.

Naturalmente si possono svolgere accurate disamine del come e del perché non abbiano funzionato i tentativi di pace che pure sono stati proposti, da Oslo a Camp David, dalla formula “due popoli e due stati” a quella di “terra in cambio di pace”. La persistenza di questa tragedia ancora oggi, dopo quasi otto decenni di guerre, terrorismo, occupazione territoriale, colonizzazioni e soprusi, mostra forse che si tratta di una tragedia irrisolvibile, almeno finché vigano gli attuali paradigmi dell’ordine (o del disordine) mondiale; una tragedia nella quale ciascun contendente ha la propria ragione, e nella quale le ragioni dei contendenti risultano inesorabili e inconciliabili. Gli eventi di Gaza, mirati anche, da parte di Hamas, a impedire “normalizzazioni” in corso nell’area, come gli Accordi di Abramo fra Israele e alcuni paesi del Golfo, fanno seguito all’emergere presso entrambe le parti di correnti estremiste e massimaliste che si scontrano, e certo continueranno a scontrarsi, sul terreno dell’impossibile soluzione. Al fine di interrompere lo scempio, si ipotizza da qualche parte un’iniziativa delle Nazioni Unite per l’invio di una forza di interposizione. Ma si tratterebbe solo di un tampone palliativo da mantenere sine die su una piaga che appare sempre più incurabile.

Al di là delle analisi puntuali e dei motivi del fallimento di ciò che si è finora tentato, vi sarebbe da chiedersi quali sono le ragioni profonde che hanno impedito di razionalizzare e risolvere la permanente crisi mediorientale in un arco di anni che, come illustrato più sopra, hanno visto lo svolgersi di eventi di straordinaria portata storica. Una delle ragioni, se non la principale, se non l’unica, è che la situazione in Medio Oriente, nel suo divenire, sembra essere necessaria per Israele, nonché un irrinunciabile tassello dell’attuale ordine mondiale.

Indipendentemente dalla praticabilità politica, infatti, ciascuna delle soluzioni concettualmente possibili, due popoli in due stati, oppure un solo stato binazionale, penalizzerebbe Israele. Nel primo caso, perché il paese si troverebbe a essere un piccolo stato potentemente armato circondato da stati e popoli che difficilmente potrebbero essergli amici. Corollari di quest’eventualità sarebbero la progressiva insignificanza di Israele come potenza mondialmente rilevante, in caso di rapporti pacifici coi vicini, oppure la persistenza del conflitto sotto altre forme se l’ostilità coi vicini continuasse. L’eventualità di un unico stato, anche ammettendone l’improbabile pacifica costituzione, condannerebbe peraltro gli ebrei a essere una minoranza annunciata, considerato il maggior tasso di crescita demografica dei palestinesi, e gli ebrei si troverebbero in una situazione analoga a quella dei sudafricani bianchi dopo la fine dell’apartheid. L’esistenza dello stato israeliano, la tutela del suo popolo, la possibilità di continuare a essere in prima fila sulla scena internazionale, passano quindi paradossalmente per il mantenimento di una perpetua condizione di conflitto, talvolta sopita da leadership moderate, talaltra accentuata da leadership estremiste.

Se la crisi eterna venisse meno, d’altro canto, l’influenza incrociata fra Israele, lobby ebraica negli Stati Uniti e governi americani, perderebbe di senso, o almeno di potenza. Israele non potrebbe invocare (e attraverso gli ebrei d’America pretendere) la protezione di Washington, gli ebrei d’America non potrebbero più fare sponda sui pericoli corsi da Israele nel perseguimento della propria influenza sul governo americano, e quest’ultimo non avrebbe più il grande pretesto rappresentato dalla protezione di Israele per intervenire in un’area vitale per gli interessi americani. Anche qui, la crisi eterna sembra utile a tutti e tre i soggetti menzionati, nel groviglio di interessi strategici, economici e politici che ne caratterizza le interlocuzioni, e che impedisce fra l’altro al governo di Washington di esercitare appieno la propria assertività nei riguardi di Tel Aviv, anche quando sarebbe opportuna.

La crisi eterna è stata inoltre per decenni una retorica di straordinario effetto per molti governi arabi e musulmani, al servizio delle relative politiche, a espediente per il conseguimento del consenso interno, a giustificazione delle peggiori azioni di egemonia o addirittura di terrorismo. Se qualcosa avrebbe potuto attenuare questo specifico fenomeno a seguito degli Accordi di Abramo, ecco che l’esplosione del conflitto a Gaza è intervenuta a impedirlo e ad assicurare ancora, con le atrocità cui stiamo assistendo, lunghi anni di conflitto e di inimicizia.

Gli equilibri mondiali stanno cambiando, ed è impossibile dire che mondo avremo fra dieci anni. Sembra tuttavia certo che, a meno di mutazioni radicali e rivoluzionarie nel mondo, la situazione mediorientale continuerà a mantenere acceso l’inestinguibile fuoco; sotto cenere, a tratti, ma con cicliche devastanti fiammate che nessuna teorica iniziativa sarà in grado di placare.

Fonte: Mario Boffo, Israeliani e Palestinesi. Una tragedia senza rimedio, “The Global Eye”, 13 novembre 2023, https://www.theglobaleye.it/israeliani-e-palestinesi-una-tragedia-senza-rimedio/

L'autore

Avatar photo

Mario Boffo

Mario Boffo, ex diplomatico (già ambasciatore in Arabia Saudita), romanziere, Presidente del Premio EPhESO per i rapporti euro-mediterranei. Vive a Roma.