A cosa servono le ragazze?

Ci si poneva questa domanda nella fremente America del 1885. O, meglio, si dava una risposta.

What girls are good for” è il titolo di un articolo che quell’anno apparve sul Pittsburg Dispatch, in risposta alla lettera di un padre disperato e alla ricerca di consigli, preoccupato per il destino delle sue 5 figlie nubili e di come le sue ragazze se la sarebbero cavata nel grande e cattivo mondo, senza uomini che si prendessero cura di loro. Per l’autore dell’articolo la risposta era semplice: le ragazze devono trovare al più presto un marito e dedicarsi al loro ruolo di angelo del focolare; una donna che lavora è una mostruosità. L’articolo – per fortuna – suscitò grande clamore e la redazione venne innondata di risposte da parte di lettori e lettrici. Una lettera in particolare colpì il direttore del giornale: era firmata Lonely Orphan Girl e rispondeva punto per punto alle provocazioni dell’articolo in modo tanto convincente, che il direttore del giornale decise di assumere chiunque ne fosse l’autore. Questi era (in redazione lo credevano maschio, ovviamente) la giovane Elizabeth Jane Cochran, vent’enne orfana di padre, figlia di madre divorziata in seconde nozze, con 14 fratelli, pochi soldi in tasca e un sogno: diventare giornalista. Una “ragazza senza”, come quelle di cui parlava nella sua lettera di risposta al giornale e di cui non smetterà più di occuparsi: le ragazze senza denaro, senza istruzione, senza famiglia, senza particolare avvenenza. Loro erano e sono le principali vittime della discriminazione. La discriminazione della donna è anche, e soprattutto, una discriminazione di classe.

Così “What girls are good for”, che considerava il lavoro femminile un abominio, segnerà l’inizio della brillante carriera proprio di una di quelle “girls”, destinata a divenire uno dei più grandi simboli di emancipazione femminile della storia. Ben presto la Lonely Orphan Girl si trasformerà nell’intrepida giornalista Nellie Bly (pseudonimo con cui firmerà i suoi articoli, prima per il Pittsburg Dispach e poi per il New York World); da “ragazza senza” a donna dei record: pioniera del giornalismo investigativo, “migliore reporter d’America” e prima donna a compiere il giro del mondo in solitaria, senza accompagnatore, in 72 giorni.

Proprio di questa strepitosa sua avventura parla lo spettacolo Intorno al mondo in 72 giorni. Il viaggio di Nellie Bly, prodotto dall’associazione culturale Music Theatre International ETS, in tour in Italia, ancora tra aprile e maggio 2024, grazie al sostegno del progetto “PerChiCrea” di SIAE e MiC: 28 aprile a Pieve Santo Stefano (AR) Teatro Comunale G. Papini; 4 maggio a Velletri, Magazzini Teatrali; 11 maggio al Teatro Manlio di Fara Sabina.

Lo spettacolo ha debuttato nel 2017 a Roma ed è poi approdato nel 2019 anche negli Stati Uniti, dove è stato replicato a New York e Chicago. La sceneggiatura originale è tratta dal racconto del viaggio pubblicato da Nellie Bly nel suo libro Around the world in 72 days, tradotto e adattato da Paola Sarcina e dall’attrice e regista Diana Forlani. Lo spettacolo si apre con una Nellie Bly che, seduta sulla sua sedia a dondolo, a distanza di anni si abbandona al ricordo del suo avventuroso viaggio. Si intrecciano, così, il tempo della giornalista affermata che rievoca le vicende che l’hanno resa famosa e il tempo dell’ardimentosa giovane cronista, che quelle vicende le vive, speranzosa. La sedia a dondolo, accompagnando il ricordo, accompagna anche il viaggio e diviene di volta in volta nave o treno, in un gioco fra attrice e spazio scenico che è all’origine stessa del teatro, inteso come processo creativo di trasformazione dello spazio. A tale idea di teatro “artigianale”, si unisce il supporto della tecnologia attraverso la proiezione di foto d’epoca dei luoghi visitati dalla giornalista, provenienti dall’archivio storico della Società Geografica Italiana e immagini della Library of Congress di Whashington. Questo elemento di ricerca e ricostruzione storico-iconografica è stato motivato dalla volontà di poter restituire al pubblico le immagini di quei luoghi così come erano probabilmente stati visti da Nellie che, avendo dimenticato la sua Kodak a New York, non poté restituire alcuna testimonianza fotografica del suo viaggio, affidando così la cronaca del viaggio unicamente alla sua penna.

La corrispondenza di Nellie Bly verrà pubblicata quotidianamente sul New York World, per cui lavorava, che farà il boom di vendite, appassionando per mesi i lettori. Sarà organizzata dal giornale perfino una lotteria con premi per chi avesse indovinato il giorno e l’ora del rientro della giornalista. Il 25 gennaio del 1890 alle ore 15.51, Nellie metterà piede a New York, finendo il suo giro del mondo in 72 giorni, sei ore, undici minuti e quattordici secondi; battendo ogni record (vero o immaginario) e dimostrando al mondo quali traguardi potesse raggiungere una donna, impensabili per l’epoca.

Il giro del mondo costituirà l’apice della sua fama, ma sarà solo una delle innumerevoli altre imprese che Nellie compirà nell’arco della sua vita e che la porteranno, nell’Amerca fanatica del self-made man, a diventare uno dei primi esempi di self-made woman, libera e indipendente, artefice del proprio destino e animata da una volontà di ferro, seconda solo alla forza del suo cuore.

Il suo attivismo giornalistico, votato a denunciare coraggiosamente le ingiustizie della società che la circondava e a dare voce alle minoranze, ha contribuito all’attuazione di riforme significative e ispirato uomini e, soprattutto, donne a lottare per i propri diritti.

Se oggi molte cose sono cambiate in materia di diritti della donna (ma tante dovranno ancora cambiare) lo dobbiamo anche a donne come Elizabeth Jane Cochran. Perciò continuiamo a parlarne e a rappresentare la sua vita e le sue imprese, a testimonianza del potere che l’autodeterminazione femminile ha nel cambiare non solo la vita delle donne, ma il mondo.

Per informazioni sullo spettacolo: https://lnx.mthi.it/2023/11/24/ll-giro-del-mondo-il-72-giorni-il-viaggio-di-nellie-bly/

L'autore

Avatar photo

Diana Forlani

Diana Forlani, nata a Pesaro nel 1991, è laureata in Filosofia. Fin da giovanissima ha preso parte a spettacoli della compagnia fiorentina TeatriSotterranei. A Roma ha frequentato l’accademia di recitazione Cassiopea, l’accademia professionale di doppiaggio di Alessandro Quarta e si è diplomata all’accademia di recitazione YD-Actors Studios. Ha preso parte a diversi spettacoli in Italia e a tournée in Marocco e Croazia. È attrice nello spettacolo SoleDonne, premiato al Piccolo di Milano col Premio Fersen 2019. Ha recitato in diversi cortometraggi e film indipendenti, nonché in televisione. È socia dell’associazione culturale M.Th.I. ETS. Dal 2020 è attrice della compagnia professionista DarkSide LabTheatreCompany – ETS.