Il pensiero ha bisogno dei suoi spazi e dei suoi tempi per esprimersi e il vettore dei social non gli è esattamente confacente. Così esso è oggi in crisi e, nella crisi, ha trovato il caveau della sua sopravvivenza nelle riviste. È questa la percezione dominante che abbiamo avuto partecipando a Firenze RiVista, Biennale delle Riviste e dell’Editoria Indipendente, edizione 2025. È una kermesse promossa ed organizzata dal CRIC (Coordinamento delle Riviste Italiane di Cultura), presidente Valdo Spini, vicepresidenti Maria Panetta e Severino Saccardi, segretario generale Giada Fazzalari.
LAB Politiche e Culture (www.labpolitiche.it) fa parte a pieno titolo della rete del CRIC.Siamo stati presenti con Giuseppe Giliberti, direttore editoriale, ed i redattori Luigi Gravagnuolo, Sabbia Braccia e Alexandru Cristian.
Nell’impossibilità di seguire tutti gli eventi, la nostra delegazione ha partecipato a quelli nei quali si è parlato del ruolo e delle problematiche connesse al mondo delle riviste di cultura politica. Se ne è discusso in varie sessioni. Qui limitiamo il report a quella centrale, su ‘Riviste culturali e politiche pubbliche’ moderata da Valdo Spini.
Il discussant, fondatore e direttore dei Quaderni del Circolo Rosselli, introducendo l’incontro ha parlato di una ‘sfida della sopravvivenza e della distribuzione’ per le riviste culturali. Oggi, una tiratura di 300-350 copie, come fu quella della celebre Solaria (1926-’34), sarebbe un disastro editoriale. La sfida è quella della sopravvivenza quindi; e quella dell’apertura al confronto.
Autentici nuclei di volontariato culturale, le riviste rischiano l’autoreferenzialità. Oggi molte di esse non riescono a raggiungere un pubblico più ampio, per i loro contenuti e anche a causa dell’espulsione dalle librerie commerciali e dalle edicole (peraltro anche quest’ultime in calo). La chiave per la sopravvivenza possono essere le tecnologie digitali. L’obiettivo è arrivare a un modello in cui un ipotetico lettore a Helsinki possa acquistare online un singolo articolo senza la necessità di chiederne la spedizione della copia cartacea. Non ha mancato Valdo Spini di ragionare sul ricorso all’intelligenza artificiale per comporre le riviste, concludendo al riguardo che la competenza umana nel porre le domande giuste all’IA rimane cruciale.
Sul piano organizzativo progettuale l’aspirazione del CRICè creare un evento italiano analogo al “Salon de la Revue” di Parigi. A quest’uopo Spiniha considerato due opzioni:o all’interno di “Testo” a Firenze o al Salone del Libro di Torino. Quest’ultima opzione sarebbe più prestigiosa, ma economicamente molto più impegnativa, quasi proibitiva, sebbene ci sia stato un interesse informale da parte del ministro Alessandro Giuli, da lui stesso sollecitato. Però, a differenza di 10-15 anni fa, non c’è più da parte delle istituzioni pubbliche – Regioni, Comuni etc.. – una domanda per ricerche sull’impatto economico e sociale della cultura. L’interesse si è spostato sulla comunicazione immediata degli eventi, ignorando le analisi successive.
Spini ha concluso sostenendo che la difesa delle riviste culturali è un capitolo della più generale difesa della democrazia. Le nostre riviste rappresentano un filone culturale (Risorgimento-Resistenza-Costituzione) che oggi si confronta con una cultura concorrente basata su nazionalismo e colonialismo. La diminuzione delle librerie indipendenti e la difficoltà per i giovani di accedere a una pluralità di voci critiche riducono la democrazia.
Angelo D’Orsi, direttore di Historia Magistra, ha raccontato la nascita della rivista 25 anni fa su richiesta di un gruppo di studenti insoddisfatti dell’insegnamento universitario. HM promuove una concezione ampia e interdisciplinare della storia, in dialogo costante con sociologia, letteratura, cinema e altre discipline; e non è solo una rivista, piuttosto è una ‘community’ che si autofinanzia. Oltre alla pubblicazione cartacea e online, gestisce una collana editoriale e organizza seminari nazionali per mantenere un contatto fisico tra i redattori. La community HM, con la rivista cartacea come sussidio, funziona come una ‘scuola’ e ha formato molti giovani, ora inseriti nel mondo accademico. D’Orsi ne ha quindi rivendicato la missione: “resistere alla cancellazione del pensiero critico”. E, sottolineando la difficoltà di tale missione, ha concluso citando Gramsci: “la storia è maestra ma non ha allievi’.
È stata poi la volta di Davide Romano, direttore di Coscienza e Libertà, rivista che incrocia diritto e religione. Nata in Italia nel 1978 è stata fondata da AIDLR (Associazione Internazionale per la Difesa della Libertà Religiosa) a sua volta attiva fin dal 1948. L’ultimo numero tratta il ‘tema sensibile’ dell’abuso nelle religioni. Anche Romanoha insistito sulla difficoltà di raggiungere un pubblico più ampio: le grandi librerie richiedono distributori con regole d’ingresso proibitive per piccole tirature (circa 3000 copie semestrali). Per ampliare la diffusione si tenta perciò di usare il sito web e i social, ma con scarse risorse.
Vivace lo speech di Cinzia Sciuto, direttore di Micromega, rivista fondata da Paolo Flores D’Arcais che compirà 40 anni nel 2026. Ha riferito della crisi della rivista di tre anni fa, quando il gruppo editoriale GEDI decise di chiuderla. La redazione allora, senza supporto da grandi editori o fondazioni, si trasformò in editore, affrontando un mestiere completamente nuovo che include distribuzione, marketing e gestione abbonamenti. Ad oggi Micromega riesce a pagare stipendi regolari. La sua sopravvivenza dipende dalle vendite in libreria – non più in edicola per l’alto reso – e soprattutto dagli abbonamenti. Per Sciutola rivista cartacea rimane centrale per un pubblico che necessita di approfondimento. L’obiettivo “non è diventare una rivista di massa, ma avere un’influenza di massa”. A questo scopo, al ‘mattone’ cartaceo è stato affiancato un sito web, aggiornato quotidianamente e senza pubblicità, che funziona come un settimanale di analisi. Il sito mescola articoli gratuiti e a pagamento, puntando su un pubblico disposto a pagare per analisi approfondite; misura questa obbligata dato che senza un traffico di milioni di visitatori la pubblicità online si riduce a pochi spiccioli. Le riviste, a parere di Sciuto, affrontano una duplice crisi: quella generale dell’editoria e quella della politica, della democrazia e dei corpi intermedi.
Ha anche messo in luce la crescente difficoltà nel trovare autori disposti a confrontarsi in una realtà collettiva, quale può essere una redazione. Molti preferiscono l’individualismo, aprendo newsletter personali per evitare il processo di editing e il confronto redazionale. Questo fenomeno è un riflesso della degenerazione del rapporto democratico, per certi versi simile al populismo (uno vale uno..).
‘Economia della Cultura’ è una rivista scientifica e multidisciplinare diretta da Pietro Antonio Valentino, che ne ha illustrato la storia e i contenuti. Il gruppo redazionale di EdC funziona come un’associazione che fornisce all’editore Il Mulino la rivista chiavi in mano. In cambio, l’editore la distribuisce gratuitamente online ai soci e la inserisce nei circuiti universitari, garantendo migliaia di download. L’associazione sostiene solo i costi di spedizione delle copie cartacee.
Infine Left, nata nel 2006, si autodefinisce ‘rivista di sinistra, indipendente, laica, antifascista e a difesa dei diritti umani’. Su essa ha relazionato il direttore Simona Maggiorelli. La sua linea culturale si basa su una visione olistica dell’essere umano, che include diritti sociali, arte, ricerca e dimensione interiore. Left si definisce un “collettivo pensante” che valorizza il dibattito.
Nell’epoca dell’IA, descritta come un “pappagallo stocastico” che appiattisce e normalizza la conoscenza, le riviste culturali svolgono un lavoro di avanguardia. Sebbene di nicchia, questo lavoro è fondamentale per produrre pensiero critico e prospettive originali al di fuori della normalizzazione. In questo senso affrontano anche la sfida della inattualità, tracciata oltre che dai contenuti, spesso di nicchia e che richiedono tempo di lettura e di meditazione, anche dalla periodicità. La rivista di per sé non insegue l’istante, piuttosto custodisce e approfondisce la riflessione meditata.
propone di avere un suo ambito nazionale e, per certi aspetti, europeo dato che i dibattiti e le impostazioni che facciamo sull’Europa hanno visto mettere insieme dei testimoni e degli esperti molto importanti. Proprio questa proiezione nazionale ed europea ha caratterizzato il Circolo fin dagli esordi dato che Carlo Rosselli scrive Europeismo o fascismo nel 1935, ponendo questa alternativa che mantiene vari elementi di attualità ancora oggi.