Chiunque esca per strada e si guardi intorno può vedere ben chiara una cosa: la società italiana è in rapido cambiamento, e non solo nei suoi modi di espressione, ma anche di come essa si presenti nelle sue più svariate sfaccettature.
Io stesso sono una rappresentazione di questo cambiamento: ho 21 anni, sono uno studente di Scienze politiche all’Università di Bologna, e sono un ragazzo italo-albanese di terza generazione.
Il mio cognome italianeggiante infatti cela dietro di sé un passato comune a molti, poiché come me, in Italia 900 mila persone hanno almeno uno dei due genitori di provenienza estera.
Nello specifico mia madre è italiana, mentre mio padre è albanese, ed oggigiorno
cadere nei luoghi comuni spesso è facile, ma me ne servirò per mandare un messaggio semplice e senza fraintendimenti: passeggiando per le nostre città, sicuramente ci è capitato di osservare come molte professioni siano esercitate da individui provenienti dalle più disparate parti del mondo, che ricoprono incarichi estremamente gravosi ma essenziali per la collettività. Non è difficile vedere come l’operaio di una fabbrica sia bengalese, il netturbino egiziano, il raccoglitore di frutta e verdura gambiano, il muratore albanese e via discorrendo. A loro sono affidati gli incarichi più impegnativi del processo produttivo, e a loro vengono riconosciuti ben pochi diritti e garanzie come cittadini a pieno diritto.
Se però ci fermassimo a chiedere loro una considerazione sul processo che porta all’ottenimento della cittadinanza italiana, quasi certamente sentiremmo dirci che è un percorso lungo e avvilente.
Questo perché il procedimento che regola l’ottenimento della cittadinanza in Italia è disciplinato dalla legge 91/1992, che non rispecchia più la complessità etnico-culturale del nostro Paese, essendo stata scritta in un periodo storico completamente diverso. La legge attuale è incapace di rappresentare l’Italia e gli italiani di oggi, discriminando di fatto in maniera sproporzionata i cittadini di origine straniera.
In risposta a questo fenomeno, da anni è presente la “Rete per la riforma della cittadinanza”, composta da un gruppo di attivisti e professionisti principalmente di origine straniera che, individualmente o raggruppate in associazioni, hanno deciso di promuovere azioni coordinate azioni di campagna per sostenere la riforma della legge 91/1992.
All’interno di essa vi è l’associazione Dalla Parte Giusta della Storia (https://dallapartegiustadellastoria.it/), nata nel periodo del COVID, che con i suoi attivisti mira al raggiungimento del medesimo obiettivo di riforma della legge sulla cittadinanza, affinché non escluda più le nuove generazioni di italiani che ad oggi rimangono inascoltate dalle istituzioni.
Bisogna dirlo senza giri di parole: la legge 91/92 è una legge anacronistica, che non tiene conto di tutte quelle persone che sulla loro pelle devono sentire il peso di non essere considerati alla pari di tutti gli altri, sebbene siano nate e cresciute qui.
L’Italia del 2025 è composta da una moltitudine di persone che hanno tutte in comune il fatto che vedono qui la loro casa, il loro posto nel mondo. Eppure, non tutti hanno le stesse possibilità, perché anche avere anche solo una goccia di sangue italiano ti rende più italiano di tutte quelle persone che l’Italia l’hanno sognata da lontano. E non è un lamento isolato, ma è la denuncia di oltre 1.5 milioni di cittadini di diritto, ma non di fatto. E a questo proposito voglio inserirmi anche io, che essendo  figlio di mamma italiana e papà albanese posso contare su una serie di garanzie e diritti che non vengono riconosciuti ai miei vicini, amici o compagni di università.
Quando si parla di diritti e garanzie più volte mi sono reso conto che non si percepisce a pieno la gravità delle carenze del sistema che regola l’ottenimento della cittadinanza, ma è presto detto: se non sei cittadino italiano non puoi votare, non puoi partecipare a bandi e concorsi pubblici, non puoi fare una serie di cose che per molti possono essere scontate ma che in realtà non lo sono, come andare in gita o in viaggio insieme ai propri amici per il rischio di rimanere bloccati al gate per la mancanza del visto.
Oggi c’è la possibilità di modificare tale legge, partendo con un primo passo rappresentato dal Referendum Cittadinanza presentato lo scorso agosto 2024, che darebbe la possibilità di dimezzare gli anni di residenza continuativa necessaria per l’ottenimento della cittadinanza, passando dai 10 attuali a 5.
Nonostante ciò, il Referendum Cittadinanza riceve molteplici critiche da chi non comprende quanto ottenere la cittadinanza sia importante per fare una vita piena in Italia. L’abrogazione di determinate parti della legge consentirebbe a tutti, secondo queste critiche, di fare richiesta per l’ottenimento. Ma anche qui c’è un’interpretazione mendace, perché oltre ai 5 anni di residenza ne occorraerebbero un minimo di 3 per eseguire tutti i passaggi necessari dall’iter burocratico.
Oggi la complessità della burocrazia fa sì che, invece di dover attendere 10 anni, bisogna attenderne 15, 20 o addirittura 25, perché i requisiti ulteriori sul reddito e lavoro sono un vero e proprio ostacolo che separa milioni di persone dal giorno della propria proclamazione di essere cittadini italiani.
L’associazione Dalla Parte Giusta della Storia è scesa in campo per gridare a pieni polmoni che siamo tutte e tutti figli d’Italia, e che è ora che anche loro vengano considerati come tali.
Lo scorso settembre 2024, in concomitanza con un’azione che mirava alla sensibilizzazione sul fatto di come quasi 900 mila studenti siano sprovvisti di cittadinanza, sebbene il 90% di loro sia nato su suolo nazionale, l’associazione è scesa in piazza Montecitorio a sostegno del disegno di legge proposto dall’intergruppo parlamentare per la riforma sulla cittadinanza a firma della deputata  Ouadid Bakkali, che si allinea con gli obiettivi posti dall’associazione, racchiusi in un documento denominato “Ius Eligendi, il diritto di scegliere”.
Nello specifico, la proposta presentata dall’associazione Dalla Parte Giusta della Storia sullo Ius Eligendi racchiude quattro aspetti essenziali: il diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia, il diritto di cittadinanza per chi cresce in Italia, il diritto di cittadinanza per chi vive stabilmente in Italia e procedure più rapide con criteri certi e norme transitorie.
Queste quattro mozioni non sono delle semplici rivendicazioni: sono il motto di chi crede che l’Italia non sia più quella del 1992, ma che sia divenuta il luogo di incontro di tutti coloro che vedono qui il proprio futuro, da cittadini e italiani.

L'autore

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Alvise Cegnini

Alvise Cegnini è uno studente italo-albanese di Scienze Politiche di Bologna. Promotore di 'Dalla parte giusta della storia', è attivista per la riforma della legge sulla cittadinanza.